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Rapa Nui: un po’di storia
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Rapa Nui: un po’di storia

La leggenda vuole che Rapa Nui sia stata immaginata in sogno: il saggio Haumaka, consigliere dei reggenti della mitica terra di Hiva, sarebbe stato condotto dal creatore del mondo, Make Make, verso un’isola disabitata, alla ricerca della quale si imbarcò il re Hotu Matu'a. A bordo di due canoe, la spedizione dei primi coloni raggiunse Rapa Nui, e qui prosperò.

Le ricostruzioni storiche collocano la prima colonizzazione dell’isola tra l’800 e il 1200 d.C., ad opera delle popolazioni polinesiane delle Isole Marchesi e della loro abilità nella navigazione. Portarono sull’isola banani, tuberi come il taro, canna da zucchero, e animali come polli, per sostenere i primi abitanti e avviare agricoltura e allevamento. Gli studi sui fossili descrivono questa isola come ricoperta da grandi palme, di una specie ora estinta. La società, secondo quanto tramandato, doveva essere organizzata secondo un sistema di clan e di classi, al cui vertice regnava l’ariki, il sovrano con poteri assoluti e divini, a cui si affiancavano sacerdoti e guerrieri, artigiani e contadini e allevatori. La realizzazione dei colossali moai, datati tra il XIII e il XVI secolo, era appannaggio della classe dei raffinati artigiani che estraevano i blocchi di pietra nella cava del vulcano Rano Raraku, per intagliarla sul posto e trasferire le enormi statue per tutta l’isola, con tecniche ancora misteriose.

Gli studiosi, sulla base delle ricostruzioni orali, hanno ricostruito che nel XV secolo la popolazione raggiunse il suo picco massimo, sfiorando i 20.000 abitanti. A seguito di questo periodo di massimo sviluppo della civiltà è probabilmente databile lo sviluppo del rongorongo, un sistema di glifi che documentò la mitologia e la vita dell’isola su tavolette di legno e sulle pietre, una scrittura che rimane ancora indecifrata. A seguito di questo picco di sviluppo, inoltre, si stima che l’isola rimase completamente deforestata delle grandi palme, tagliate per ottenere combustibile e, secondo altre teorie, per costruire gli utensili per agevolare lo spostamento dei giganteschi moai. Questa situazione ambientale di scarsità di risorse cominciò probabilmente ad alimentare conflitti interni fra clan, che secondo alcune teorie sarebbe testimoniato dall’abbattimento delle statue, e al progressivo declino della civiltà.

Il primo contatto con gli Europei avvenne il 5 aprile, la domenica di Pasqua del 1722: il navigatore olandese Jacob Roggeveen approdò sull’isola, vi rimase per una settimana, e raccontò di essersi imbattuto in “notevoli, alte, figure di pietra, di ben 30 piedi di altezza” e in una terra con un buon clima, completamente coltivata. A partire dal XVIII secolo approdarono sull’isola gli Spagnoli, che tentarono l’annessione al Cile, vi sbarcò James Cook, con il naturalista Johann Reinhold Forster e suo figlio Reinhold Forster, che documentarono la presenza dei siti archeologici e di numerosissimi moai, e ancora esploratori francesi, russi, britannici. Con gli Europei giunsero sull’isola malattie, sfruttamento e deportazione, a decimare una popolazione già probabilmente provata dalle lotte interne. Nell’anno 1877 la popolazione dell’isola contava 111 abitanti. Nel 1888 l’isola venne annessa al Cile, con un accordo siglato con i rappresentati della sparuta popolazione locale.

Fino al 1960 il terreno dell’isola venne sfruttato per l’allevamento e le coltivazioni e gli abitanti indigeni vissero confinati nell’insediamento di Hanga Roa, ad oggi unico centro abitato di Rapa Nui, dove il frate cappuccino Sebastian Englert prese a cuore le sorti della popolazione e raccolse reperti archeologici e botanici sulla base dei quali venne istituito il museo antropologico. Solo nel 1966, dopo un periodo di sfruttamento da parte della marina del Cile, gli abitanti originari ottennero la cittadinanza cilena.

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